Gestire un’azienda è sempre complicato e lo è ancora di più se questa sta attraversando un periodo di crisi. In questi casi, l’imprenditore è spesso consapevole della necessità di una ristrutturazione importante della sua attività, tuttavia non dispone delle competenze necessarie per attuarlo personalmente; in questi casi dichiarare fallimento sembra essere l’unica opzione possibile.

In passato, in circostanze di dissesto aziendale, la legge tutelava solo gli interessi dei creditori delle aziende in crisi. Non solo, ogni azione intrapresa dall’imprenditore al fine di risanare l’impresa, veniva considerata indiscriminatamente come un tentativo teso a distogliere il patrimonio aziendale in modo fraudolento. L’unica opzione reale, che veniva lasciata ai titolari delle aziende in difficoltà, per evitare di essere perseguiti per vari reati, era quella di rinunciare a ogni tentativo di salvataggio e di dichiarare spontaneamente fallimento.

Cosa prevede la Legge Fallimentare
Fortunatamente, a partire dal 2005, lo Stato è intervenuto con riforme graduali della Legge Fallimentare che hanno cambiato, di molto, la condizione degli imprenditori in difficoltà.

In particolare, con la Legge del 19 ottobre 2017, il Parlamento ha dato delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

La nuova visione del legislatore non individua più un pericolo nell’imprenditore in difficoltà e vicino al fallimento, ma lo considera come qualcuno da aiutare a superare un momento di crisi. Nel caso non sia possibile risolvere le difficoltà dell’azienda, la legge mira a predisporre una serie di misure in grado di garantire una copertura a tutte le parti coinvolte nel fallimento stesso: i creditori, i dipendenti dell’impresa e l’imprenditore stesso. Il mutamento concettuale è così profondo che la Legge prevede addirittura l’eliminazione della parola fallimento e la sostituisce con l’espressione liquidazione giudiziale.

Per facilitare una composizione assistita dei dissesti, sarà istituita una fase di allerta preventiva che potrà essere attivata sia dall’imprenditore che dal tribunale in caso di segnalazione da parte di eventuali creditori pubblici dell’impresa, ad esempio dal fisco o dall’INPS. Grazie all’allerta, che l’imprenditore vedrà attivata, sarà assistito dalle Camere di Commercio e avrà sei mesi di tempo per trovare soluzioni concordate con i suoi creditori. In caso di attivazione d’ufficio dell’allerta, il giudice affiderà, in via riservata e confidenziale, la soluzione della crisi a un professionista esperto che avrà comunque sei mesi di tempo per trovare un accordo con i creditori.

Sono molti gli strumenti previsti dalla Legge per una gestione semplice e serena delle crisi e del fallimento; essi prevedono degli incentivi alla ristrutturazione del debito e una nuova forma del concordato preventivo già esistente.

La cosa importante da ricordare, per un imprenditore che si trova in difficoltà, è che gestire un momento di crisi della propria azienda da solo è molto difficile, quindi, è per lui indispensabile rivolgersi a esperti qualificati nella negoziazione del debito e nei rapporti con le banche.