Il Tribunale di Bologna, con la sentenza 861 del 1 aprile 2017, ha dichiarato che non è ammessa l’azione revocatoria verso un atto di scissione.

A parere del detto Tribunale, dall’articolo 2504-quater del codice civile, che impedisce la dichiarazione di invalidità della scissione, dall’articolo 2503, che consente ai creditori di opporsi alla scissione, e dall’articolo 2506-quater, che riguarda la responsabilità solidale tra la società scissa e la beneficiaria, nei limiti del patrimonio assegnato a quest’ultima, per le obbligazioni che la scissa non riesce a soddisfare, si deducono argomenti sufficienti per affermare che l’azione revocatoria non realizzerebbe una tutela dei creditori della società scissa.

In giurisprudenza mancano sul punto pronunce di legittimità. Riguardo alle decisioni di merito, parte della giurisprudenza (cui aderisce la prevalente dottrina) ritiene l’azione revocatoria incompatibile con la situazione che si determina per effetto di una scissione (Trib. di Roma, 11 gennaio 2001, Trib. di Modena, 22 gennaio 2010 e Trib. di Napoli, 18 febbraio 2013), mentre altra parte della giurisprudenza ritiene invece ammissibile l’azione revocatoria, facendo leva sulla mancanza di una norma che impedisca l’esperimento di tale azione e sul fatto che si tratta di un rimedio di “ carattere generale”, ed evidenziando che la norma contenuta nell’articolo 2504- quater del codice civile esclude solo la possibilità, a seguito della iscrizione della scissione nel registro delle imprese, di accertare la nullità della scissione, mentre essa non precluderebbe l’esperimento dell’azione revocatoria (Trib. di Catania, 9 maggio 2012 e Trib. di Palermo, 25 maggio 2012).

Secondo il Tribunale di Bologna, dato che la finalità dell’art. 2504-quater del c.c. è di “assicurare la stabilità degli effetti di una complessa operazione societaria, la diversità qualitativa dei vizi non può comportare che tali effetti possano essere messi in discussione (sia con la dichiarazione di nullità che con al dichiarazione di inefficacia) una volta eseguite le prescritte formalità pubblicitarie “: da questo momento pare ragionevole ritenere che, per tutelare tali interessi di carattere generale, gli effetti della scissione diventino “irregredibili” e che la tutela offerta ai creditori della società scissa si debba concretare nei rimedi specificamente previsti : il diritto al risarcimento del danno (art. 2504- quater, comma 2 c.c.) e la solidarietà tra la società beneficiaria e la scissa (art.2506-quater, ultimo comma c.c.).

Infatti, se l’effetto ultimo della azione revocatoria è volto a consentire il soddisfacimento coattivo del creditore sui beni del proprio originario debitore (come se essi non fossero usciti dal patrimonio di quest’ultimo soggetto per effetto dell’atto revocato) , la disciplina legale della scissione già consente un simile risultato, dato che la solidarietà prevista dalla legge sterilizza sostanzialmente il potenziale danno che i creditori della società scissa potrebbero risentire per effetto della scissione.