L’art. 186 – bis L. Fallimentare non contempla espressamente il caso dell’affitto d’azienda e ciò ha determinato diverse interpretazioni in giurisprudenza e in dottrina sulla possibilità di applicazione ai piani di concordato preventivo in continuità.
Di seguito riportiamo le seguenti interpretazioni prevalenti.
Inapplicabilità dell’art. 186 – bis L. fallimentare
A favore di questa tesi è stato sostenuto che:
- si deve ritenere in continuità solo il concordato che prevede la gestione diretta dell’azienda, che deve rimanere in gestione a chi ha presentato la proposta di concordato anche nel periodo successivo all’omologa dello stesso;
- Non rientrano nel concetto di concordato preventivo con continuità aziendale neanche le ipotesi in cui il contratto di affitto d’ azienda sia stato stipulato prima del deposito della domanda di concordato preventivo o dell’omologazione dello stesso.
Secondo il predetto orientamento della giurisprudenza, il concordato può rientrare nella casistica del 186 – bis L.F. in tutte le situazioni in cui il debitore prosegue l’esercizio d’impresa dopo l’omologazione. In questo senso si è espressa parte della dottrina.
Così il legislatore ha stabilito che il piano di concordato preventivo in continuità deve contenere ulteriori informazioni rispetto a piani non soggetti all’applicazione dell’art. 186 – bis L.F.,
- Analitica indicazione dei costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;
- Attestazione del professionista che la prosecuzione dell’impresa sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
L’orientamento dottrinale ritiene pertanto che il concordato preventivo in continuità non sia compatibile con l’affitto d’azienda, in quanto il rischio imprenditoriale ricadrà sull’affittuario e non sul debitore e di conseguenza sui creditori concorsuali.
Applicabilità dell’art.186 – bis L.F.
Altra parte della giurisprudenza e autorevole dottrina, ritiene che l’art – 186 bis L.F. sia applicabile all’affitto d’aziendafunzionale al trasferimento dell’azienda in esercizio, purchè vi sia un impegno irrevocabile d’acquisto da parte dell’affittuario (Trib. Monza 11.6.2013 e Trib Roma 24.3.2015). Diversamente la norma non si applica al caso dell’affitto d’azienda fine a se stesso, così come a quello già in essere alla data di deposito del ricorso per concordato preventivo.
Il Tribunale di Firenze (in data 27.3.2013 e 19.3.2013) ha sostenuto che il concordato preventivo con continuità aziendale è caratterizzato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, essendo irrilevante il soggetto che garantisce tale continuità, se il debitore, o altro imprenditore o diversa società, alla quale partecipi o meno, mediante cessione o conferimento.
Appare quindi incontestabile che il rischio d’azienda continui a gravare, anche se indirettamente, sul soggetto in concordato preventivo e che l’andamento dell’attività dell’affittuario sia determinante per la riuscita del piano.
Una parte della giurisprudenza di merito ha evidenziato due “sottocategorie“ di concordato preventivo con continuità aziendale:
- concordato preventivo con ristrutturazione o continuità diretta;
- concordato preventivo con cessione o continuità indiretta.
Quest’ultima casistica sarebbe quella prevista dall’art – 186 bis L.F., che prevede le operazioni straordinarie di cessione, affitto, e conferimento d’azienda, che seppure dirette a un mutamento della compagine sociale, non possono dirsi prive del requisito della continuità aziendale sotto forma di risanamento traslativo indiretto.
La fattibilità del piano dipenderà comunque dal flusso finanziario dei canoni d’affitto e dal successivo prezzo di vendita dell’azienda, in genere determinato al netto dei canoni in conto prezzo.